Ove reputi che la pronuncia comporti la mancata valorizzazione di fatti che, viceversa, ritenga essere stati affermati con modalità sufficientemente specifiche, il difensore (propedeuticamente conformandosi ai canoni di cui agli artt. 366 e 369 c.p.c.) potrà incanalare tale doglianza nell’alveo dell’art. 360, comma 1°, n. 3, ovvero n. 5, c.p.c.
Ove uno o più dei fatti de quibus integrassero direttamente elementi costitutivi della fattispecie astratta, la denuncia dovrà ovviamente avvenire in relazione al n. 3, per violazione della norma sostanziale.
Dovrà invece essere convogliata nel n. 5, nell’ipotesi in cui si sia verificato un omesso esame di una o più di tali circostanze che, se vagliate, avrebbe consentito, con certezza, una ricostruzione dell’accaduto idonea ad integrare gli estremi della fattispecie rivendicata.
Se il lamentare l’erronea ricognizione della fattispecie astratta (art. 360, n. 3, c.p.c.) non presta il fianco a insidie recondite, molto più accidentato e periglioso si presenta il terreno su cui innestare la doglianza di cui al n. 5.
Infatti, essa sarà ammissibile soltanto a condizione che il fatto:
- sia riferito a un preciso accadimento o precisa circostanza in senso storico-naturalistico (sono quindi escluse questioni e/o argomentazioni);
- non costituisca una “questione” o un “punto”, bensì un vero e proprio “fatto”, in senso storico e normativo, ossia un fatto principale, ex art. 2697 cod. civ., cioè un “fatto” costitutivo, modificativo impeditivo o estintivo, ovvero anche un fatto secondario (ossia fatto dedotto ed affermato dalle parti in funzione di prova di un fatto principale);
- risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali ( SU, n. 8053 del 2014);
- rivesta carattere “decisivo”, vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia.
Tale decisività, in quanto direttamente correlata all’interesse all’impugnazione, si addice innanzitutto a quel fatto che, ove scrutinato, avrebbe condotto il giudice, con certezza, ad una decisione favorevole al ricorrente, soccombente nel giudizio di merito: non basta, quindi, la prognosi che il fatto non esaminato avrebbe reso soltanto possibile o probabile una ricostruzione diversa (Cass., SU, n. 3670 del 2015);
5. sia stato “oggetto di discussione tra le parti” (se difettasse tale ultimo connotato, si verserebbe in ipotesi di errore di fatto revocatorio, ex art. 395, n. 4, c.p.c.)