Errore di percezione ed errore di giudizio: i pertinenti rimedi impugnatori

Ricorso per Cassazione

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Errore di percezione ed errore di giudizio: i pertinenti rimedi impugnatori

L’errore di percezione legittima il procedimento di revocazione, sempreché la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di un giudizio formatosi sulla base di una valutazione.
Il vizio revocatorio non sussiste, infatti, quando la decisione sia conseguenza di un’asserita errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali.
E’, invece, sicuramente revocatorio quell’errore che rimane sul piano meramente percettivo, senza coinvolgere (come invece accade in ipotesi di errore di giudizio) la successiva attività di ragionamento, di apprezzamento, di interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni.
Si può riassuntivamente definire revocatorio l’errore il quale presenti, congiuntamente, le seguenti caratteristiche:
1) induca il giudice a fondare la sua valutazione della situazione processuale sulla supposta inesistenza (ovvero: esistenza) di un fatto, positivamente acquisito (ovvero: escluso) nella realtà del processo;
2) se esattamente percepito, avrebbe invece determinato una diversa valutazione della situazione processuale, nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe sicuramente stata diversa;
3) non abbia costituito oggetto di un punto controverso, su cui il giudice si sia pronunciato.
Talora può ingenerarsi il dubbio se la sentenza d’appello sia suscettibile di revocazione, ovvero debba essere impugnata per cassazione: onde discernere il corretto strumento d’impugnazione, è necessario assodare se la decisione sia conseguenza o meno di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, esulando dall’area degli errori revocatori, è bene ribadirlo, la sindacabilità di errori di giudizio, generati da una valutazione.
Si supponga, ad esempio, che il giudice di secondo grado abbia, d’ufficio, dichiarato inammissibile l’appello, motivando, sic et simpliciter, che è stato iscritto a ruolo oltre il decimo giorno successivo alla sua notificazione (artt. 165 e 347 c.p.c.).
Ebbene, se il decimo giorno fosse stato un sabato, tale sentenza sarebbe senz’altro soggetta a revocazione, avendo, il giudice di secondo grado, erroneamente ritenuto feriale un giorno, il sabato, che il 5° comma 5° dell’art. 155 c.p.c. equipara ai giorni festivi.
La medesima sentenza sarebbe invece soggetta all’ordinaria impugnazione cassatoria, in relazione all’art. 360, n. 4 c.p.c., per violazione della norma contenuta nell’art. ult. cit., laddove il giudice d’appello avesse specificato e dato atto che il decimo giorno fosse un sabato, così implicitamente, ma inequivocabilmente, reputandolo un giorno feriale idoneo per l’iscrizione a ruolo.

 

 

 

 

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