Esposizione dei fatti di causa effettuata tramite giustapposizione di “ritagli” e rispetto del principio di autosufficienza.
Occorre prestare attenzione, nella stesura del ricorso, a che la narrazione, del “fatto – vicenda processuale” non trasmodi, rispetto all’esigenza di strumentalità logica tra il requisito formale dell’esposizione dei fatti di causa, comma 1, n. 3, ed il contenuto dei motivi per i quali si chiede la cassazione.
Bisogna quindi evitare di intrattenersi su tutte le vicende della lite, concentrando la narrazione soltanto su quei “fatti” che siano strettamente necessari a rendere intellegibili le singole censure espresse nei motivi di ricorso, ossia indispensabili nell’economia delle doglianze veicolate, le quali sostanziano il thema decidendum del giudizio di legittimità.
Accade spesso, invece, che la parte espositiva delle vicende di causa finisca per confliggere con l’esigenza di chiarezza e sinteticità dettata dall’obiettivo di un processo celere.
E tale evenienza si verifica quasi sempre allorchè l’esposizione dei fatti processuali viene realizzata attraverso la pedissequa riproduzione dell’intero e letterale contenuto degli atti processuali, ossia con la tecnica della giustapposizione dei ritagli.
Tale tecnica espositiva finisce, il più delle volte, per impingere in violazione del principio dell’autosufficienza, in quanto vengono così riprodotti atti che introducono, talvolta, profili di diritto e di fatto di cui non vi è cenno nella sentenza impugnata, rimettendo alla Corte di cassazione una delibazione immediata di tali documenti, ovvero un loro diretto apprezzamento in fatto: attività del tutto esulanti dai limiti morfologici propri del giudizio di legittimità.
L’autosufficienza risulterebbe così lesa, perché non si rende di agevole comprensione la questione controversa, difettando il coordinamento tra i profili di censura formulati e il contenuto della sentenza impugnata (cfr Cass. n. 4324 del 2014).
Tale tecnica espositiva non trasgredisce alcuna prescrizione formale di ammissibilità e supera lo scoglio di cui all’art. 366 c.p.c., soltanto nel caso in cui si abbia l’accortezza di accompagnare la giustapposizione dei ritagli degli atti processuali delle pregresse fasi di merito con una sintesi dei punti rilevanti per la risoluzione delle questioni dedotte nel motivo di ricorso: ciò che non accade, ovviamente, se, invece, ci si limiti a unificare i vari atti tramite mere proposizioni di collegamento.