L’autosufficienza non … demorde nemmeno dinanzi agli errores in procedendo

Ricorso per Cassazione

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L’autosufficienza non … demorde nemmeno dinanzi agli errores in procedendo
In relazione agli “errores in procedendo”, la Corte di Cassazione è anche giudice del fatto processuale: ciò significa che essa può accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito.
Si potrebbe quindi supporre che, in tale evenienza, il difensore, nel redigere il ricorso, non debba essere angustiato dalla rigorosa osservanza del principio dell’autosufficienza, con tutto ciò che esso comporta (onere di localizzazione in primis).
E invece no!
Infatti, essendo preliminare ad ogni altro esame, quello concernente l’ammissibilità del motivo in relazione ai termini in cui è stato esposto, ne consegue che, solo quando ne sia stata positivamente accertata l’ammissibilità, diviene possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo: esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione, la Corte di cassazione può e deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali (così, da ultimo, Cass. civ. Sez. 3, 13 marzo 2018, n. 6014).
Non deve tuttavia ritenersi sottesa a tale esigenza alcuna finalità sanzionatoria nei confronti di quel ricorrente che costringa il giudice ad effettuare un’ulteriore attività d’esame degli atti processuali, oltre a quella devolutagli dalla legge.
Essa appare ispirata, piuttosto, al principio secondo cui la responsabilità della stesura del ricorso incombe esclusivamente al difensore ed il difetto di ottemperanza alla stessa non deve essere supplito dal giudice, onde evitare il rischio di un “soggettivismo interpretativo da parte del medesimo giudice nell’individuazione di quali atti o parti di essi siano rilevanti in relazione alla formulazione della censura” (così, in motivazione, Cass. civ. Sez. 3, sent. 10 gennaio 2012, n. 82).
Non stupisce, quindi, che sia stata reiteratamente predicata l’inammissibilità, per violazione, appunto, del criterio dell’autosufficienza, di quel ricorso per cassazione col quale, ad esempio, si lamenti la mancata pronuncia del giudice di appello su uno o più motivi di gravame, se che, tuttavia, essi siano compiutamente ivi riportati nella loro integralità, sì da consentire alla Corte di: a) verificare che le questioni devolutele non siano “nuove”; b)   valutare la fondatezza dei motivi stessi senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte (cfr. in motiv.ne, Cassz, sez. III Civile, 20 novembre 2020, n. 26516)

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