Modalità di deduzione del vizio della violazione e falsa applicazione della legge di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3
Costituisce principio sedimentato in sede di legittimità (ex permultis, Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 16038 del 26/06/20), quello per cui il vizio della violazione e falsa applicazione della legge, normato nell’all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, debba, in sintonia con l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, essere dedotto, sotto pena di sua inammissibilità, non solo indicando, ovviamente, le norme di diritto asseritamente violate, ma facendo seguire, a tale indicazione, l’individuazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, reputate motivatamente confliggenti con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse offertane dalla giurisprudenza di legittimità: solo così la Corte di Cassazione sarà posta in condizione di adempiere al proprio morfologico compito di verificare il fondamento della denunziata violazione (v. anche, in questo blog, 23 LUGLIO 2019, “Se si deduce una violazione di legge, occorre precisare in cosa consista tale violazione, senza rifugiarsi in affermazioni apodittiche”)
Spesso accade, invece, che una censura articolata sotto l’egida applicativa della violazione di legge, ben lungi dall’essere prospettata attraverso la corretta indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, di cui si assuma il contrasto con le precedentemente richiamate norme regolatrici della fattispecie, delinei, al contrario, una diversa ricostruzione della fattispecie concreta.
Ma se si muovono critiche alla ricognizione della fattispecie concreta, si impinge ineludibilmente nel merito della decisione, che, ontologicamente, pertiene alle valutazioni dei giudici delle pregresse fasi.
Il vizio della violazione e falsa applicazione della legge, di per contro, involge solo ed esclusivamente l’erronea prospettazione della fattispecie astratta, quale delineata nella motivazione impugnata.
Quindi, se la deduzione del vizio di violazione di legge dovesse in realtà schermare una critica alla valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito, il ricorso sarebbe dichiarato inammissibile, perché la doglianza avente ad oggetto la persuasività del ragionamento del giudice di merito nella valutazione delle risultanze istruttorie, inerisce alla sufficienza della motivazione, esulante, in quanto tale, dal raggio d’azione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.