Omessa valutazione di asserito giudicato interno/esterno: errore di fatto revocatorio, o vizio del giudizio sussuntivo?
La distinzione rileva ai fini dell’individuazione del corretto strumento d’impugnazione, in quanto. ove si configurasse l’omesso apprezzamento dell’esistenza di un giudicato interno/esterno, quale errore di fatto, allora si dovrebbe utilizzare il ricorso per revocazione.
Una configurazione dell’omessa valutazione del giudicato in termini di errore di fatto, rilevante ai fini della revocazione, non sarebbe tuttavia metodologicamente corretta, apparendo preferibile, con maggiore acribia, ricondurlo sotto l’egida dell’errore di diritto.
Il giudicato – sia esso interno od esterno – costituisce, infatti, la “regola del caso concreto”, compartecipe della qualità dei comandi giuridici.
Ne consegue che l’erronea presupposizione della sua inesistenza, equivale ad ignoranza della regula juris, assimilabile, in sostanza, al vizio del giudizio sussuntivo, consistente nel ricondurre la fattispecie ad una norma diversa da quella che reca, invece, la sua pertinente disciplina, e, quindi, ad una falsa applicazione di norma di diritto (Cfr., ex permultis, Cassaz. n. 1246/2019) .
La violazione del giudicato dovrà quindi essere veicolata come violazione dell’art. 2909 Cod. Civ. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.
Ora, mentre riguardo al giudicato interno il giudice di legittimità, oltre che rilevare d’ufficio la formazione della preclusione, può interpretare la pronuncia che importi tale preclusione, poiché la formazione della preclusione stessa, in tal caso, fa parte dello sviluppo del procedimento, sicchè gli errori che lo inficiano possono essere accertati dalla Cassazione, anche sulla scorta di indagini di fatto; nei riguardi del giudicato esterno, invece, l’eventuale correlativa elusione, risolvendosi in una violazione dell’art. 2909 c.c. (ossia, di una norma sostanziale, denunciabile ex art. 360 n. 3 c.p.c., come testè già esplicitato), investe il giudice di legittimità della cognizione degli estremi legali per l’efficacia del giudicato stesso nel processo in corso e non anche del suo contenuto sostanziale, se non nei limiti, appunto, di eventuali vizi di motivazione che dovessero permeare l’interpretazione datane dal giudice a quo.
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