“Conditio sine qua non” della deducibilità, in cassazione, delle nullità delle sentenze di primo grado
Sulla scorta di quel principio cardine del sistema impugnatorio, rappresentato dall’effetto sostitutivo della pronuncia della sentenza di secondo grado (cui è correlato l’altro basilare principio, secondo cui le nullità delle sentenze soggette ad appello si convertono in motivi di impugnazione) è possibile ricavare il seguente corollario: l’errore in cui sia eventualmente incorso il giudice di prime cure, potrà essere dedotto come mezzo di ricorso per cassazione, soltanto a patto che sia stato previamente tradotto in motivo di doglianza rivolto al giudice di appello.
Infatti, ai fini della denuncia in cassazione della violazione di norme di diritto, possono essere considerate solo le statuizioni del giudice di appello, in relazione ai motivi ed alla richieste formulate dall’appellante.
Ciò per la lapalissiana considerazione che sulle questioni che abbiano formato oggetto di dibattito in primo grado e della relativa pronunzia, le quali non siano state ritualmente riportate al cospetto del giudice di appello, si è formato il giudicato interno.
E’ appena il caso di soggiungere che (ove l’errore del giudice di primo grado abbia effettivamente occasionato un espresso motivo di gravame) il difensore dovrà anche, in ossequio al principio dell’autosufficienza, riportare, nel ricorso, il testo del corrispondente motivo d’appello.