Ricorso “assemblato” e requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa.Il ricorso in cui l’esposizione dei fatti di causa è sostituita dalla mera interpolazione grafica o dalla testuale riproduzione degli atti dei gradi di merito viene comunemente definito “ricorso assemblato”.Orbene, siffatto ricorso redatto mediante assemblaggio – cioè attraverso la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale, contenuto degli atti processuali – risulta carente del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, che non può, a fronte dell’utilizzo di tale tecnica, neppure essere desunto, per estrapolazione, dall’illustrazione del o dei motivi.La ragione è che la tecnica di redazione mediante integrale riproduzione di una serie di documenti si traduce in un’esposizione dei fatti non sommaria, in palese violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, tale da determinare un mascheramento dei dati effettivamente rilevanti, risolvendosi, in ultima analisi, in un difetto di autosufficienza … per eccesso!In buona sostanza, il requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, c.p.c. non è rispettato né dal ricorso che non contenga alcuna esposizione dei fatti di causa, né da quello che contenga l’intera esplosione dei fatti di causa effettuata tramite l’anodina riproduzione dell’intero contenuto di tutti gli atti processuali, senza alcun riguardo all’economia dei motivi di ricorso.Infatti, per le Sezioni Unite, ai fini del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata; per altro verso, è inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso ( Sentenza n. 5698 dell’ 11/04/2012).Mette conto tuttavia specificare come la mera interpolazione degli atti processuali, in sè considerata, non determini automaticamente l’inammissibilità del ricorso, ma ciò solo a condizione che il ricorso, al netto degli atti interamente inseriti al suo interno, contenga, comunque, un’adeguata illustrazione dei fatti di causa: ad esempio, con l’inserzione di brevi parti di raccordo fra i vari atti processuali integralmente riprodotti, che siano riassuntive del contenuto dei medesimi.Detto altrimenti, l’esposizione sommaria dei fatti di causa risulta osservata (nell’ottica dell’autosufficienza) solo se il ricorso per cassazione contenga tutti gli elementi necessari a porre il giudice di legittimità in grado di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto, di cogliere il significato e la portata delle censure rivolte alle specifiche argomentazioni della sentenza impugnata, senza la necessità di accedere ad altre fonti ed atti del processo, ivi compresa la sentenza stessa (in motiv.ne, Cass. civ. sez. III, 24/09/2019, n. 23623)Quindi, e tirando le fila delle dianzi esplicitate notazioni, l’esposizione sommaria consiste in una narrativa involgente le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito.
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