La denunzia della violazione dei canoni legali in materia d’interpretazione del contratto non può schermare la sottoposizione, al vaglio della Cassazione, di valutazioni di merito.

Ricorso per Cassazione

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La denunzia della violazione dei canoni legali in materia d’interpretazione del contratto non può schermare la sottoposizione, al vaglio della Cassazione, di valutazioni di merito.   

La denunzia della violazione dei canoni legali in materia d’interpretazione del contratto non può costituire l’escamotage, attraverso il quale sottoporre impropriamente al giudizio di legittimità valutazioni di esclusivo merito: è conseguentemente inidonea la mera enunciazione della pretesa violazione di legge, in rivendicazione del risultato interpretativo favorevole, disatteso dal giudice del merito, dovendo, il difensore, individuare, con puntualità, il canone ermeneutico violato, correlato al materiale probatorio acquisito
In altri termini, il ricorrente per cassazione deve, non solo fare esplicito riferimento alle regole legali d’interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in qual modo e con quali considerazioni il giudice del merito, alternativamente: 1) siasi discostato dai canoni legali assuntivamente violati; 2) li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti.
Risulta quindi di evidenza immediata come, ai fini dell’ammissibilità del mezzo di ricorso veicolante la violazione degli artt. 1362 e ss. cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., non possa essere considerata idonea la mera critica del convincimento, cui quel giudice sia pervenuto, operata mediante la mera ed apodittica contrapposizione d’una difforme interpretazione a quella desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata, trattandosi diargomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia, il cui riesame è interdetto in sede di legittimità (v. in questo blog, 10 novembre 2019, “ Deduzione (ex art. 360, 1° co. , n. 3 c.p.c.) di violazione dei criteri di ermeneutica contrattuale di cui agli artt. 1362 c.c. e ss., ovvero (ex art. 360, 1° co., n. 4 c.p.c.) di vizio di motivazione sulla loro applicazione”)..
Ribadendosi, quindi, come l’interpretazione del contratto resti tipico accertamento devoluto al giudice del merito, giova tuttavia soggiungere come, nell’ipotesi in cui non sia dato rinvenire il criterio ermeneutico che ha orientato tale interpretazione, vieppiù in presenza d’emergenze semantiche obiettivamente non corroboranti l’interpretazione proposta, sussiste la violazione delle disposizioni di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., posto che il giudice si è sottratto al dovere d’interpretazione secondo i canoni legali, se ha fornito un’esegesi non giustificata dal contenuto letterale dello strumento negoziale (Cfr., in motivazione, Cass. Civ., 25 novembre 2019, n. 30686)

 

 

 

 

 

 

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