Contorni dell’errore revocatorio nell’ambito del giudizio di cassazione.
L’errore di fatto che può dare luogo a revocazione della sentenza ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, richiamato dall’art. 391 bis codice di rito, presuppone il contrasto tra due diverse rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti processuali.
Quindi, l’ipotesi di erronea individuazione, nella sentenza, della norma applicabile al caso concreto esula dall’ambito dell’errore revocatorio, rientrando, invece, nell’alveo dell’errore di diritto.
In particolare, non costituiscono motivo di revocazione della sentenza di cassazione, nè l’errore di diritto, sostanziale o processuale, nè l’errore di giudizio o di valutazione (Sez. U, n. 15227 del 30/06/2009).
L’errore di fatto, idoneo a integrare il vizio revocatorio, deve: 1) consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente e immediatamente rilevabile e tale da aver indotto il giudice a supporre la esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile; 2) essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa; 3) non cadere su di un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata; 4) presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche; 5) non consistere in un vizio di assunzione del fatto nè in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo; 6) riguardare gli atti interni che la Corte esamina direttamente, con propria autonoma indagine di fatto, nell’ambito dei motivi di ricorso e delle questioni rilevabili d’ufficio, e avere quindi carattere autonomo: deve cioè incidere direttamente ed esclusivamente sulla sentenza della S.C., perché se l’errore è stato invece causa determinante della decisione di merito, in relazione ad atti o documenti che ai fini della stessa sono stati o avrebbero dovuto essere esaminati, il vizio che inficia la sentenza dà adito agli specifici mezzi di impugnazione esperibili contro le sentenze di merito.
Ma quali sono, in concreto, questi “atti interni”? Sono quelli conseguenti alla proposizione del ricorso (ad es., il deposito ex art. 369 c.p.c., comma 1, ed il controricorso con eventuale ricorso incidentale), gli atti che vanno depositati insieme al ricorso ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, nonché il fascicolo d’ufficio, ma esclusivamente nei casi in cui la Corte debba esaminarli direttamente con propria autonoma indagine di fatto, senza cioè la mediazione della sentenza impugnata (ciò che accade in quanto siano stati dedotti errores in procedendo, ovvero perché siano emerse questioni processuali rilevabili d’ufficio).
Concludendo, occorre l’errore revocatorio suscettibile di condurre alla revocazione di una sentenza della Corte di Cassazione è unicamente quell’errore meramente percettivo, risultante in modo incontrovertibile dagli atti e tale da aver indotto il giudice di legittimità a fondare la valutazione della situazione processuale sulla supposta inesistenza (od esistenza) di un fatto, positivamente acquisito (o escluso) nella realtà del processo, che, ove invece esattamente percepito, avrebbe determinato una diversa valutazione della situazione processuale, e non anche nella pretesa errata valutazione di fatti esattamente rappresentati (Cfr., Cass. Sez. U, n. 26022 del 30/10/2008).
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