L’esposizione sommaria dei fatti di causa, ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, quale requisito di contenuto-forma del ricorso per cassazione.
Il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, prescritto, a pena d’inammissibilità del ricorso per cassazione, dall’art. 366 c.p.c., comma 1 n. 3, è considerato da tale norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso medesimo.
Ne deriva che potrà ritenersi rispettato solo in virtù di un’esposizione che garantisca alla Corte di Cassazione di avere una chiara e completa cognizione, sia del fatto sostanziale che ha originato la controversia, che del fatto processuale, senza cioè costringerla a ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, ivi compresa la stessa sentenza impugnata
La prescrizione di tale requisito risponde, quindi, non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire ai giudici di legittimità una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, strettamente strumentale all’intelligenza del significato e della portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato
Orbene, se tale è la funzione assolta dallo scrutinato requisito, esso risulta ossequiato laddove il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria: a) delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate; b) delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria; c) dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado; d) delle difese svolte dalle parti in appello; e) del contenuto rilevante della sentenza impugnata.
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