Il giudizio di rinvio quale “hortus conclusus”.
Costituisce principio ricevuto quello per cui, in ragione del carattere chiuso del giudizio di rinvio, le questioni pregiudiziali che non siano state dedotte o rilevate nel pregresso giudizio di cassazione, non possono essere esaminate nel procedimento di rinvio, nè nel corso del controllo di legittimità a cui le parti sottopongono la sentenza del giudice di rinvio (in motiv.ne, Cass. 25 settembre 2019, n. 23943).
In buona sostanza: nel giudizio di rinvio operano le preclusioni derivanti dal giudicato implicito formatosi con la sentenza di cassazione.
Tale principio costituisce il riflesso del c.d. principio d’intangibilità ( art. 394, u.c., cp.c.) della sentenza cassatoria remittente: “ Nel giudizio di rinvio, che è un procedimento chiuso, tendente a una nuova pronuncia in sostituzione di quella cassata, non solo è inibito alle parti di ampliare il thema decidendum, formulando nuove domande e nuove eccezioni, ma operano le preclusioni che derivano dal giudicato implicito formatosi con la sentenza di cassazione, con la conseguenza che neppure le questioni esaminabili di ufficio, non rilevate dalla Suprema Corte, possono in sede di rinvio essere dedotte o comunque esaminate, giacché il loro esame tende a porre nel nulla o a limitare gli effetti della stessa sentenza di cassazione, in contrasto con il principio della sua intangibilità” (Cass. civ. 14/01/2019, n. 636).