Rispetto dell’autosufficienza nell’ipotesi in cui si censuri la mancata ammissione della prova testimoniale nella pregressa fase di merito.

Ricorso per Cassazione

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Rispetto dell’autosufficienza nell’ipotesi in cui si censuri la mancata ammissione della prova testimoniale nella pregressa fase di merito.  

Ove il ricorrente in cassazione abbia riproposto in appello la prova testimoniale e l’esito dell’appello gli sia stato sfavorevole, per veicolare correttamente, in sede di legittimità, la doglianza della mancata ammissione della prova, deve dimostrare di aver formulato, in sede di precisazione delle conclusioni, davanti al giudice d’appello, la richiesta dei ammissione della prova testimoniale ( Cass. civ. 13.9.2019, n. 22883).
Orbene, tale dimostrazione deve essere fornita (in aderenza al canone dell’autosufficienza del ricorso) trascrivendo direttamente quella parte dell’atto di appello in cui è stata riproposta la prova testimoniale.
Quindi, in mancanza di dimostrazione del mantenimento della richiesta di prova testimoniale in sede di precisazione delle conclusioni, al giudice dell’appello non può essere rimproverato di non aver ammesso la prova.
Non è tutto: il ricorrente, sempre nell’ottica del rispetto del principio dell’autosufficienza del ricorso, deve illustrare anche le ragioni per cui i capitoli di prova (trascritti nel ricorso) e quei testimoni, sarebbero stati in grado di sovvertire l’esito del giudizio d’appello (in senso conforme, Cass. Sez. 6-Lav., ord. 4 aprile 2018, n. 8204).
In buona sostanza, è fondamentale dimostrare (veicolando la censura ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., per violazione dell’art. 132 c.p.c. e 111, comma 6, Cost.) sia l’esistenza di un nesso eziologico tra l’omesso accoglimento dell’istanza e l’errore addebitato al giudice, sia che la pronuncia, senza quell’errore, sarebbe stata diversa, così da consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove (Conf. Cass. n. 4178/2007; Cass. 23194/2017).

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