Prudenza del ceto forense correlata al principio di responsabilità delle parti, affinchè il ricorso per cassazione non integri l’abuso del diritto.
E’ questo il principio inferibile dall’ordinanza della Cassazione 11.10.2018, n. 25176/18.
Ove il ricorrente per cassazione deduca l’avvenuta notificazione della sentenza impugnata, è indispensabile, all’atto dell’iscrizione a ruolo, che alleghi la copia autentica della sentenza notificatagli comprensiva di relata, onde dimostrare la tempestività dell’impugnazione: in difetto il ricorso sarà dichiarato improcedibile e passibile della condanna prevista dal terzo comma dell’art. 96 c.p.c.
“… il mancato assolvimento dell’obbligo di cui all’art. 369, co. 2, n. 2, cpc, oltre a determinare la dichiarazione di improcedibilità del giudizio, non è compatibile con un quadro ordinamentale che, da una parte, deve universalmente garantire l’accesso alla giustizia ed alla tutela dei diritti (cfr. art. 6 CEDU) e, dall’altra, deve tener conto del principio costituzionalizzato della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.) e della necessità di creare strumenti dissuasivi rispetto ad azioni proposte senza l’osservanza delle norme procedurali o con gravi errori di diritto: in tale contesto questa Corte intende valorizzare la sanzionabilità dell’abuso dello strumento, proprio al fine di evitare la dispersione delle risorse per la giurisdizione e consentire l’accesso alla tutela giudiziaria dei soggetti meritevoli e dei diritti violati, per il quale, nella giustizia civile, il primo filtro valutativo – rispetto alle azioni ed ai rimedi da promuovere – è affidato alla prudenza del ceto forense coniugata con il principio di responsabilità delle parti. Deve pertanto concludersi per la condanna del ricorrente, d’ufficio, al pagamento in favore di ciascun contro ricorrente, in aggiunta alle spese di lite, di una somma equitativamente determinata in Euro 1500,00,pari, all’incirca, in termini di proporzionalità alla misura dei compensi liquidabili in relazione al valore della causa”